Bougainvillea glabra Choicy

famiglia: Nyctaginaceae
nome comune: buganvillea

ETIMOLOGIA: il nome generico ricorda Louis Antoine de Bougainville (1729-1811), viceammiraglio francese che, durante i suoi viaggi di circumnavigazione dell'America meridionale, scoprì e descrisse numerose specie vegetali fino ad allora sconosciute, tra cui molte appartenenti a questa famiglia. L'attributo specifico latino glabra (senza peli) indica l'assenza di tomentosità in questa specie


la buganvillea è una specie arbustiva a portamento rampicante originaria delle aree subtropicali del Brasile, molto vigorosa ed ormai assai diffusa nelle zone a clima mediterraneo, spinosa, sempreverde, a grande sviluppo (8-10 metri). La sua spettacolare fioritura è dovuta alle brattee colorate che circondano fiori, di per sè insignificanti. Nelle zone dove le temperature, soprattutto durante la stagione invernale, sono più rigide è necessario ripararla o portarla all'interno.
La Bougainvillea predilige esposizioni soleggiate ed un terreno di medio impasto, ben drenato: necessita di annaffiature abbondanti e frequenti durante il periodo estivo, senza però esagerare ed evitando ristagni.  Durante il periodo invernale le annaffiature vanno ridotte notevolmente. Per crescere bene ha bisogno di supporti ai quali potersi aggrappare.


le foglie sono alterne, picciolate e con i margini interi e cima appuntita, di forma ovaleggiante e colore verde brillante



i fiori, riuniti in pannocchie terminali, sono piccoli e di per sè insignificanti, giallastri, tubulosi, con una corolla pentalobata ma inseriti su tre brattee di consistenza cartacea ben sviluppate, molto vistose perchè  vivacemente colorate, di colore viola nella specie tipo, erroneamente scambiate per i veri fiori. La fioritura inizia a primavera inoltrata e si protrae fino all’autunno, raggiungendo in piena estate il massimo della bellezza e dell’abbondanza, tanto che le brattee nascondono quasi completamente il fogliame verde




esistono in commercio varietà dalle brattee variamente colorate, con tonalità che vanno dal porpora all’arancio, dal rosa al viola, in tutte le sfumature intermedie, con qualche cultivar gialla o perfino bianca

Aesculus hippocastanum L. 1753

famiglia: Sapindaceae
nomi comuni: ippocastano, castagno d'India

ETIMOLOGIA: il nome generico è quello con cui gli antichi romani indicavano una quercia dai frutti commestibili, a sua volta derivante da aesca (cibo). L'attributo specifico è coniato dai termini greci ippos (cavallo) e kástanon (castagno) per l'uso del frutto, simile alla castagna, utilizzato come alimento per i cavalli



l'ippocastano è un grande albero deciduo, alto fino a 25-30 metri, non molto longevo, originario dell'Europa orientale, dalla penisola balcanica al Caucaso, molto usato come ornamentale nei viali o come pianta isolata in parchi e giardini di grandi dimensioni. Crea una zona d'ombra molto grande e fitta grazie alla sua chioma espansa, che raggiunge anche gli 8-10 metri di diametro pur restando molto compatta. Rustico, tollera le basse temperature e non ha particolari esigenze in fatto di suolo, pur preferendo i terreni umidi e tollerando poco quelli eccessivamente salini. Preferisce posizioni soleggiate



il tronco è robusto, eretto, molto ramificato ed origina una chioma densa, tondeggiante o piramidale per il fatto che i rami inferiori sono posti orizzontalmente.
La corteccia del tronco è bruna, desquamante con l'età in piastre irregolarmente poliedriche. I giovani rami hanno corteccia tomentosa e marrone che diventa grigia in seguito. Le gemme dei rametti sono resinose ed appiccicose



le foglie sono decidue, opposte, picciolate, lunghe fino a 20 centimetri, con la lamina palmato-composta, formata da da 5-7 foglioline sessili, oblanceolate, aventi la base attenuato-cuneata, il margine irregolarmente dentato e l'apice acuminato. La pagina superiore è di colore verde intenso, mentre quella inferiore è più chiara, da giovane con pelosità color ruggine verso la base e lungo le nervature, che poi col tempo diventano glabre. Le nervature laterali sono parallele. Il picciolo è privo stipole, scanalato e allargato alla base. Negli ultimi anni il fogliame dell'ippocastano è soggetto ai massicci attacchi di Cameraria ohridella, un microlepidottero minatore le cui larve si nutrono dei tessuti fogliari, causando diffusi seccumi e notevole danno alla pianta, sia dal punto di vista ornamentale che da quello sanitario. Nella foto si possono notare i primi sintomi dell'infestazione



i fiori sono ermafroditi e profumati, raccolti in ampie pannocchie, lunge fino a 20 centimetri, di forma conica, terminali ed erette. Il calice con 5 lobi è profondamente inciso di sotto. La corolla a simmetria bilaterale presenta 4-5 petali lobati e ondulati sul bordo, pubescenti, bianchi e spesso macchiati di rosa o giallo al centro. La fioritura avviene in aprile-maggio





i frutti sono grosse capsule sferoidali, coriacee, dapprima verdastre poi brune, munite di aculei pungenti e che si aprono in tre valve contenenti ciascuna un seme: un achenio tondeggiante e appiattito, di colore bruno lucido, ornato da un grande ilo grigio alla base, simile ad una castagna. Tali semi sono chiamati volgarmente 'castagne matte' ed hanno un sapore amaro ed un odore sgradevole. Non sono commestibili

USO ALIMENTARE OD OFFICINALE:  l'estratto ottenuto dai semi ha un effetto antinfiammatorio, migliora il drenaggio linfatico ed aumenta la pressione venosa, trovando applicazione nel trattamento dell'insufficienza venosa cronica e dei sintomi negli arti inferiori come edema, dolore, prurito, varici, ulcere, senso di tensione ed affaticamento. Inoltre offre proprietà antinfiammatorie, antiedematose e antiessudative. Il principale principio attivo è l'escina, una complessa mistura di saponine dal potente effetto antiinfiammatorio

Robinia pseudoacacia L. 1753

famiglia: Fabaceae
nomi comuni: robinia, falsa acacia



ETIMOLOGIA: il nome generico è stato dato in onore dei due giardinieri francesi Jean e Vespasién Robin, padre e figlio. Il primo, arborista, botanico del Re, curatore del 'Giardino della Facoltà' di medicina, ove si coltivavano le piante medicinali, descrisse questa specie, ne importò i semi dall'America nel 1601, li seminò e fece germogliare le prime piantine; il secondo, che gli succedette, piantò nel 1635 il primo esemplare europeo (tuttora vivente) nel 'Jardin du Roi' a Parigi.
L'attributo specifico sta a significare 'falsa acacia', mentre il termine acacia deriva dal sostantivo greco akis (spina)






la robinia è un albero deciduo originario dell'America del Nord, alto fino a 25 metri, che spesso può presentarsi sotto forma di grande arbusto, importata nel continente europeo all'inizio del XVII° secolo a scopo ornamentale. In Italia questa specie venne impiantata per la prima volta nel 1662 nell'Orto Botanico di Padova.
È una pianta estremamente rustica e robusta, poco attaccata dai parassiti, che può diventare infestante grazie sia alla sua grande capacità di autodisseminazione, sia alla notevole emissione di polloni radicali, che danno origine a nuove piante accanto a quella 'madre'. Nel complesso può essere considerata una specie pioniera, che però (almeno al di fuori del suo areale di vegetazione naturale) presenta una limitata longevità (60-70 anni). Come tutte le leguminose, è in simbiosi radicale con microrganismi azotofissatori e quindi può arricchire il suolo di azoto.
Il massiccio utilizzo effettuato in passato è stato determinato sia dalla rapida crescita sia dalla grande attitudine dimostrata da questa specie, grazie al suo apparato radicale molto sviluppato, nel consolidare terreni riportati, come quelli delle massicciate ferroviarie oppure aree franose o degradate. Inoltre come pianta spinosa si adattava a formare siepi di confine, mentre il fogliame forniva un ottimo foraggio per gli animali domestici ed in particolare per i conigli; le piante adulte fornivano poi un ottimo legname, adatto sia come combustibile sia per la costruzione, in particolare delle ruote dei carri. Ben presto la specie è sfuggita alla coltivazione, insediandosi ovunque nel territorio, tanto che  oggi si tende a ridurne l'impiego in quanto è considerata specie infestante, che tende gradualmente a limitare e soppiantare la flora autoctona, caratterizzata da una crescita più lenta. Attualmente la specie si è ormai ampiamente naturalizzata in tutta Europa, in particolare nelle aree meno fredde e più esposte al sole. Come ornamentale, anche nelle sue diverse varietà, è impiegata per l'estrema rusticità e la resistenza all'atmosfera urbana, essendo praticamente indifferente al tipo substrato ed all'attacco dei parassiti 



la chioma è globosa e la corteccia dei giovani rami presenta una caratteristica reticolatura, mentre nei rami più adulti e nel tronco essa diviene rugosa e fessurata, screpolata e nodosa, assumendo un colore grigio-marrone chiaro. Sia il fusto che i rami sono provvisti di robuste spine



le foglie della robinia sono alterne e picciolate, con 2 stipole alla base, composte, imparipennate, di colore verde intenso sopra e più chiare sotto, lunghe fino a 25 centimetri, costituite da 7-21 piccole foglioline ovali a loro volta munite di picciolo, che divengono dorate prima di cadere, in autunno



i fiori, papilionacei e profumati, di colore bianco-crema, sono riuniti in racemi ascellari penduli, lunghi fino a 15 centimetri e sbocciano da fine aprile a giugno. Sono molto graditi dalle api che, dopo averli visitati, producono un miele abbastanza pregiato (chiamato erroneamente miele d'acacia)



i frutti, come in altre leguminose, sono dei legumi simili a fagioli, schiacciati e leggermente pubescenti, di colore bruno-rossastro a maturità  contenenti al loro interno semi reniformi, duri, bruno-scuri con macchiettatura più scura



USO ALIMENTARE OD OFFICINALE: i fiori sono commestibili e possono essere impiegati per farne frittelle, marmellate o liquori. Presentano proprietà antispastiche, aromatiche, diuretiche, emollienti e lassative. I semi, ricchi di proteine ed altre sostanze nutritive, sono stati impiegati, previa tostatura, per l'alimentazione umana in periodi di carestia o carenza di altri alimenti. Tutte le altre parti della pianta sono da considerarsi tossiche per l'uomo per la presenza di alcuni alcaloidi, anche se un tempo venivano utilizzate la corteccia come lassativo e tonico e le foglie come emetico e per il corretto funzionamneto del fegato.
Dai fiori può essere estratto un olio essenziale da impiegarsi nell'industria cosmetica 

Attenzione!! Questi non sono consigli medici!! Usate eventuali prodotti con cautela e solo secondo le prescrizioni del medico o dell’erborista



Muscari armeniacum Leicht.

famiglia: Hyacinthaceae
nome comune: cipollaccio, pan del cucco

ETIMOLOGIA: secondo alcune interpretazioni il nome generico sarebbe stato dato per il profumo dei fiori che ricorda quello del muschio o della noce moscata, secondo atre proverrebbe dal greco moschàri (giacinto a grappolo) per la somiglianza delle infiorescenze a quelle del giacinto. L'attributo specifico armeniacum indica la provenienza caucasica di questa specie



il cipollaccio è una pianta ebacea perenne, bulbosa, alta fino a 20 centimetri, originaria dell’Asia e del bacino del Mediterraneo orientale, ampiamente coltivata in tutte le zone temperate del mondo. E’ una pianta che si può trovare facilmente allo stato spontaneo, ma può anche essere coltivata in giardino, sia in piena terra, dove si comporterà da tappezzante, occupando tutto lo spazio a propria disposizione, sia in vaso. La coltivazione è abbastanza semplice, purché se ne rispettino le esigenze idriche, evitando eccessi d'acqua in fase di irrigazione. Gradisce posizioni soleggiate o semi-ombreggiate, tali da far ricevere alle piante almeno alcune ore di irradiazione diretta. Tollera egregiamente il freddo tanto che nella stagione autunnale si può lasciare in piena terra senza protezioni particolari. Il terreno deve essere sciolto e  ben drenato, composto in prevalenza da torba, sostanza organica e terriccio


la pianta appare costituita da fusti fiorali lunghi una quindicina di centimetri e da foglie nastriformi, lunghe e carnose, che si originano dal bulbo crescono in lunghi ciuffi



i fiori, riuniti in spighe compatte composte da minuscoli fiorellini campanulati di colore blu-cobalto o viola (in certe varietà possono essere anche bianchi), ciascuno con un bordo bianco molto delicato nella zona distale, fanno la propria comparsa nella stagione primaverile, in aprile-maggio, per una durata di 3-4 settimane. Alcune varietà hanno fiori profumati. Il loro colore li rende molto adatti ad essere accostati a piante perenni a fiore giallo


Acer pseudoplatanus L. 1753



famiglia: Sapindaceae
nomi comuni: acero di monte, acero fico, sicomoro





ETIMOLOGIA: il nome del genere è coniato dal termine latino acer (duro, aspro) per la particolare durezza del legname. L'attributo specifico latino pseudoplatanus (falso platano)  sta ad indicare la somiglianza delle foglie di questa specie a quelle del platano ed una possibile confusione fra le due specie







 l'acero di monte è il più grande acero europeo, alto fino a 40 m di altezza e con il diametro del tronco che può arrivare a 3 m, con portamento espanso e chioma globosa ed ampia, molto longevo, potendo arrivare a 300 anni di età, autoctono dell'Europa centrale ed occidentale. E' diffuso spontaneamente in gran parte dell'Europa, dai Pirenei fino al Caucaso, spingendosi a Nord fino alla Svezia.In Italia lo troviamo, isolato o a piccoli gruppi, in tutte le regioni tranne la Sardegna, dalla pianura alle zone montane (fino a 1800 m) in boschi misti mesofili di caducifoglie (con cerro, farnia, rovere, castagno, carpino bianco, frassino maggiore) oppure con faggio, abete bianco ed abete rosso nelle zone più alte.
Vecchie e grandi piante isolate si possono trovare in prati di montagna o vicino ad antiche costruzioni: maestosa è la pianta che si trova nei pressi del Santuario di Madonna dell'Acero, nell'Appennino bolognese, dall'età stimata di oltre 500 anni.
E' un albero dal legno pregiato, molto utilizzato in selvicoltura anche per la sua rapida crescita e nelle città per l'ombreggiamento di strade e parcheggi e per il bel colore autunnale del fogliame, che assume sfumature dal giallo intenso fino all'arancio. I fiori sono molto graditi dalle api.
Il tronco è dritto, robusto e cilindrico, con una chioma da giovane piramidale, poi con l'età più allargata a ventaglio od arrotondata, strutturata su pochi grossi rami ascendenti. Sopporta l'ombra delle altre piante ed ha un apparato radicale molto solido e profondo. Ha grande capacità di emettere getti dal ceppo qualora venga ceduato ed un ottimo rinnovamento spontaneo, grazie alla ricca produzione di semi, che vengono formati dalla pianta dopo il 20° anno di età.
Si sviluppa meglio su suoli fertili ed umiferi, prediligendo posizioni luminose e fresche, tollerando anche la mezz'ombra. Resiste molto bene all'inquinamento atmosferico, in particolare al fumo ed alle polveri. Ha elevata facoltà pollonifera ed un rapido accrescimento giovanile, che gli permette di colonizzare alte erbe cespugli e rovi, preferisce terreni fertili e profondi anche di matrice calcarea, anche argillosi purché non compatti.
Il legno, color bianco-avorio venato di bruno, è pregiato per la sua compattezza ed omogeneità e viene utilizzato per mobili, parquet, strumenti musicali, manici di attrezzi ed anche come combustibile. 

Questa pianta richiede spazio per potersi sviluppare adeguatamente e non è quindi indicata per i piccoli giardini. Altro inconveniente per i piccoli giardini è la notevole quantità di foglie che perde in autunno, le quali devono essere raccolte.
Rappresenta una buona scelta per parchi o larghi spazi aperti (anche parcheggi) poiché la sua struttura grossolana si armonizza scarsamente con  aree verdi residenziali o commerciali. Data l’elevata resistenza all’inquinamento può essere impiegata anche per viali di strade ad elevata percorrenza. La conformazione della pianta e il modo in cui cresce  rendono necessarie lievi potature per sviluppare una buona struttura del fusto e delle branche.
Le malattie dell’acero di monte sono quelle classiche degli aceri. Il mal bianco non è di solito molto importante ma nelle varietà a foglia rossa anche un leggero attacco è dannoso, perché le macchioline biancastre del fungo deturpano subito il rosso puro delle foglie. Una malattia pericolosa è invece la verticilliosi che dissecca interi rami e talvolta l’intera pianta. Quando ci si accorge di rami iniziano a seccare, anche in piena estate, occorre tagliarli via immediatamente ed allontanarli possibilmente bruciandoli.




le foglie hanno forma simile a quelle del platano, semplici, caduche, opposte, palmate a base cordata e 5 (talvolta 7) lobi con bordi poco acuti, più o meno dentati e seni acuti. Sono lunghe e larghe fino a 20 cm, con un lungo picciolo rossastro, allargato alla base. La lamina è intera, sottile e di consistenza erbacea. La colorazione è verde brillante sulla pagina superiore, più chiara su quella inferiore. In autunno assumono un'intensa colorazione gialla molto suggestiva, che crea macchie di colore nei boschi e nei giardini



la corteccia inizialmente è liscia, di color grigio con sfumature rossastre, poi diventa simile a quella del platano, formando un ritidoma non molto spesso di colore grigiastro che si distacca in placche sottili di forma arrotondata o allungata, che lasciano vedere la parte sottostante di colore rosato




i fiori compaiono poco prima della fogliazione e sono peduncolati, con 5 sepali e 5 petali giallo-verdi, lunghi 4-5 mm con 8 stami inseriti nel margine interno del disco, portati in pannocchie terminali pendule lunghe fino a 15 cm.
Sono ermafroditi, spesso unisessuali e, sulla stessa infiorescenza, si possono trovare tutti e due i tipi, ma generalmente i femminili sono in posizione basale, quelli maschili apicali. L'impollinazione è entomofila.
I frutti sono disamare con ali lunghe 3-4 cm, formanti un angolo di 90°, col guscio rigonfio ed internamente vellutato. Maturano in autunno (settembre-ottobre)


 
USO ALIMENTARE OD OFFICINALE: come in gran parte degli aceri, la linfa contiene una sostanza zuccherina che una volta era estratta mediante incisioni della corteccia e fatta fermentare per ottenerne un infuso alcoolico. Consumata direttamente ha un sapore dolce e contiene buoni quantitativi di vitamina C: un tempo veniva utilizzata anche come edulcorante o come surrogato dello zucchero


 

Albizzia julibrissin Durazz. 1772

famiglia: Fabaceae
sinonimi: Acacia julibrissin, Mimosa julibrissin
nomi comuni: albizia, gaggia arborea, acacia di Costantinopoli

ETIMOLOGIA: il nome generico è stato dato dal Durazzini, che classificò questa specie, in onore del naturalista toscano Filippo degli Albizzi, che ebbe il, merito di introdurre questa specie in Europa da Costantinopoli intorno alla metà del XVIII° secolo e favorirne la diffusione. L'attributo specifico proviene da una storpiatura del termine turco col quale veniva denominata questa pianta, Gul-i-Abrisham (fiocco, fiore di seta), italianizzato sempre dal Durazzini in julibrissin




l'albizia è un albero deciduo di medie dimensioni, in genere non più alto di 10 metri, originario del medio oriente e della Persia, molto utilizzato a fini ornamentali nei parchi e nelle strade di tutta Italia, ma sfuggito alla coltivazione e presente anche allo stato spontaneo in varie regioni. Predilige suoli freschi, fertili, leggeri e ben drenati, adattandosi però anche in quelli asciutti. Gradisce posizioni soleggiate ma riparate dai venti freddi e da quelli forti, che possono spezzarne i fragili rami. Sopporta molto bene l'inquinamento degli ambienti cittadini e delle zone industriali



la chioma, assai ramificata, disordinata ed espansa, ha un aspetto molto leggero grazie alla delicatezza e all'eleganza del fogliame. Il tronco è generalmente dritto, mentre i rami hanno un andamento tendenzialmente orizzontale. le foglie sono alterne, bi-paripennate, picciolate, lunghe fino a 40 centimetri, di forma ellittica.  Ciascuna di esse è composta da 8-10 elementi a loro volta formati da 30-50 foglioline sessili, falcate ed asimmetriche, lunghe fino a 14 mm, mucronate all'apice e di colore verde intenso



i fiori, di colore rosa, sono riuniti in capolini subglobosi od emisferici, a loro volta raggruppati in corimbi apicali. Gli stami sono molto più lunghi rispetto alla corolla conferiscono ad ogni singolo fiore l'aspetto di un piumino ed assumono, oltre che funzioni riproduttive, anche funzioni vessillari. Compaiono da giugno ad agosto


USO ALIMENTARE OD OFFICINALE: in alcuni paesi medio-orientali le foglie ed i fiori, commestibili, vengono impiegati cotti come contorno di verdura, mentre le foglie essiccate possono costituire un surrogato del tè.
In campo farmacologico si impiegano i fiori, che hanno dimostrato di possedere proprietà digestive, toniche e sedative, rivelandosi utili per combattere insonnia ed irritabilità. La corteccia essiccata ha effetti analgesici, diuretici, carminativi, sedativi, stimolanti e tonici.