Acer campestre L. 1753



famiglia: Sapindaceae
nomi comuni: acero campestre, testucchio, oppio, loppo



ETIMOLOGIA: il nome del genere è coniato dal termine latino acer (duro, aspro) per la particolare durezza del legname. L'attributo specifico latino campestre sta ad indicare la presenza spontanea di questa specie nei campi non coltivati






l'acero campestre è un albero deciduo (talvolta un grande cespuglio) di medie dimensioni, alto mediamente fino a 7-12 metri (ma può arrivare a 18-20). E' diffuso spontaneamente in gran parte dell'Europa, spingendosi a nord fino all'Inghilterra ed alla parte meridionale della Scandinavia, mentre a sud abbraccia tutto il bacino del Mediterraneo e l'Africa settentrionale, arrivando ad est fino all'Anatolia ed il medio Oriente.
 In Italia è molto presente in pianura e nei boschi, fino ad un'altitudine di 1000 m. Il tronco è spesso contorto e ramificato, con chioma rotondeggiante lassa. La corteccia è bruna, fessurata in placche rettangolari. I rametti sono sottili e ricoperti da una peluria che li differenzia da quelli delle altre specie di acero spontanee in Italia.
Ha crescita lenta e vive bene in posizioni soleggiate oppure a mezz'ombra. Pur preferendo terreni freschi e calcarei, ben drenati, anche ricchi di scheletro, si adatta egregiamente a tutti i tipi di terreno ed è molto rustico, tollerando molto bene sia le gelate invernali che le alte temperature estive. Essendo un albero di modeste dimensioni e sopportando bene il taglio, in passato è stato ampiamente utilizzato, in particolare in Emilia-Romagna, nei vigneti come tutore vivo per la vite. Il legno veniva invece impiegato per la costruzione di utensili per l'agricoltura ed arnesi da cucina. Oggi la specie tipica è poco utilizzata nei giardini, mentre è ancora assai frequente nelle campagne, lungo fossi e canali. Trova anche sporadico impiego per siepi rustiche e come albero ornamentale, dimostrando una certa efficacia nel consolidamento di pendii franosi. E' pianta molto mellifera e le foglie costituiscono un ottimo foraggio per gli animali



le foglie sono opposte, con un picciolo di 5-7 centimetri, palmate, con 3-5 lobi rotondeggianti (che a loro volta possono essere sub-lobati) e margine liscio. La loro colorazione è verde scuro sulla pagina superiore, più chiara in quella inferiore per la presenza di una certa tomentosità. In autunno, prima di cadere, assumono una colorazione gialla molto vivace ed assai appariscente


la fioritura è pressoché insignificante dal punto di vista ornamentale. 
I piccoli fiori, poco appariscenti, di color giallo-verdastro, sono portati in corimbi eretti e pubescenti, lunghi circa 10 cm, che si formano assieme alle foglie e compaiono in maggio-giugno. Sono visitati molto volentieri dalle api


i frutti sono disamare, cioè infruttescenze formate ciascuna da due samare con ali contrapposte a 180°, generalmente lunghe da 2 a 4 cm. In fase di maturazione hanno un colore giallastro o verde chiaro, con sfumature rossastre, mentre a maturità, in autunno, virano verso il bruno. Quando si staccano dalla pianta le due ali permettono loro di essere trasportati anche a grande distanza.



USO ALIMENTARE ED OFFICINALE: le parti della pianta non vengono consumate direttamente, ma i fiori permettono alle api di produrre un ottimo miele, mentre i frutti tostati costituiscono un surrogato del caffè. Le foglie costituiscono un ottimo foraggio per gli animali domestici. Il decotto di corteccia, naturalmente da usarsi sotto il controllo di uno specialista, ha efficacia nella cura degli eritemi della pelle, dimostrando anche blande proprietà anticolesterolemiche ed un effetto stimolante sul metabolismo


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